Questo caratteristico ammasso di stelle azzurre avvolte da veli bianchi di povere interstellare, a stento visibile oggi sopra le nostre città fortemente illuminate, fu un tempo uno degli oggetti più eminenti del cielo, su cui tutti i popoli del mondo hanno intessuto leggende.
Nelle diverse tradizioni, il gruppo delle Pleiadi è visto sia come maschile che femminile: per gli arabi beduini, così come per gli antichi Greci, erano sette belle fanciulle; secondo altre leggende, dal Caucaso fino all’antico Giappone, erano invece maschili, sette giovani guerrieri vendicativi e distruttivi, signori del tuono e della tempesta.
Le Pleiadi giapponesi (divenute il nome e il logo, Subaru, della celebre casa automobilistica) sono l’esempio forse più noto della versione maschile e distruttiva di questo gruppo stellare; ricordiamo il loro equivalente nel vicino oriente antico, i feroci sette Sibitti della tradizione accadica e sumera.
Nell’arcone inferiore del portale di San Marco, le Pleiadi divengono una piccola banda di graziosi ma vandalici monelli in camiciola, che si arrampicano sulla voluta vegetale svuotando nidi e spezzando rami; una caratterizzazione nuova, senza precedenti, ma evidentemente intesa come una combinazione delle due appena descritte, i guerrieri distruttivi e le leggiadre fanciulle; non senza un accenno al nome arabo delle Pleiadi: “Al-Thurayya”, “I molti piccoli”.
L’età del telescopio ha rivelato che le Pleiadi sono centinaia, anche se quelle visibili a occhio nudo sono molte meno. La generalità delle leggende antiche ne riporta sei, sette, o nove; contando anche le due che se ne stanno in coppia un po’ appartate alla base del gruppo, e che nell’astronomia occidentale portano i nomi del titano Atlas e dell’oceanina Pleione, genitori delle Pleiadi secondo la leggenda greca.
Ma le visualizzazioni delle Pleiadi non finiscono qui: abbiamo ancora la rosa, gli uccellini, i pulcini intorno a una chioccia, la gallinella, il grappolo d’uva, la racchetta, il setaccio.
Senza dimenticare “i molti piccoli occhi” (matariki) della tradizione polinesiana...
Il ‘Ciclo dei Mesi’ nel portale di San Marco ne utilizza numerose: il grappolo d’uva, gli uccellini, ma anche (a giudicare dal riscontro astronomico) altre meno note, come il ramo d’oro, il mazzo di spighe, il falcetto.