Le costellazioni sono state un formidabile strumento di comprensione e descrizione del cielo, in epoche e luoghi in cui non esisteva ancora la scrittura (o in cui l’uso della stessa era estremamente circoscritto).

Figure in forma animale, ibrida o umana, sono nate da una scienza antichissima: servivano a raggruppare e memorizzare i milioni di puntini lattiginosi del cielo, a descrivere i loro percorsi, le loro amicizie, i loro ritorni, in modo da poterli ricordare e trasmettere alle generazioni successive, quindi ai bambini.

.Per millenni, la conoscenza di base del cielo stellato (la cosiddetta ‘astronomia d’orizzonte’ o ‘a occhio nudo’) sembra essere stata molto più generalmente diffusa tra le popolazioni di quanto non lo sia oggi; essa permetteva di orientarsi, di sapere l’ora della notte e i tempi stagionali dell’agricoltura, della pesca e degli animali selvatici. E, naturalmente, di navigare: non solo per mare, ma anche (cosa cui spesso non si pensa) anche per terra, attraverso steppe e deserti privi di punti di riferimento all’orizzonte.

A partire dall’età moderna, col diffondersi degli strumenti meccanici per la misurazione del tempo e per la navigazione, la familiarità con la vita del cielo viene poco a poco a mancare. Nell’arco di pochi secoli, la connessione tra i simboli raffigurati nelle patere e formelle e il loro significato astronomico andò interamente perduta.

Al punto che, fino a pochi anni fa, patere e formelle, questi caratteristici strumenti di geolocalizzazione diffusi in Venezia e laguna, erano ritenuti un puro e semplice ornamento, portatori, al più, di un significato allegorico-morale, o di una funzione apotropaica.

Il loro studio in questa prospettiva, e la ricostruzione del vocabolario astronomico connesso, stanno iniziando solo adesso.

La costellazione Vega/Lyra, “l’Aquila che piomba sulla preda”

Patera, sec. XII

Venezia, Chiesa di Santa Maria del Carmelo (“i Carmini”)

Foto: Lorenzo Peter Castelletto, 2016

Non solo per i grandi spostamenti, quelli che hanno portato i mercanti-esploratori veneziani del ’200 fino ai punti più lontani della terra, ma anche semplicemente per muoversi da una città all’altra, o all’interno della città stessa, i nostri antenati avevano come unico mezzo di orientamento il sole e le stelle; per loro, il cielo era ancora interamente mappato da questi simboli visuali che si muovono ordinatamente nel corso delle notte e dell’anno, sorgendo e tramontando in punti preordinati.

I Veneziani del ‘200 mostrano di conoscere le costellazioni di ambiti geografici anche molto lontani, e citano con orgoglio questi simboli esotici nelle patere e formelle dei loro edifici civili, nei mosaici pavimentali, e nelle decorazioni esterne della loro Basilica; incluso il portale maggiore, che non fa che riprendere in una chiave formale più moderna e più splendida contenuti e simboli che in realtà erano diffusi, già da qualche secolo, in tutto il tessuto urbano.

Leone che azzanna cervide sui lombi

Patera, marmo greco, cm. 40

Venezia, Calle Larga San Marco

Foto: Paolo della Corte

Le costellazioni Grus e Piscis Austrinus

Johannes Hevelius, Firmamentum

Sobiescianum sive Uranographia, Gdansk 1687

La costellazione Aquila come indicatore del Nord

Olaus Magnus, Carta Marina, Venezia 1539, part. Stoccolma, Biblioteca Nazionale

Foto: wdl.org/en/item/3037/

Costellazioni vicine al Polo Sud celeste, dette “Gli Uccelli Meridionali”:
Pavo, Phoenix, Grus, e Tucana
Johann Bayer, Uranometria, 1603

Foto: Wikimedia

Trampoliere con grosso pesce appeso al becco (le costellazioni Grus e Piscis Austrinus)

Venezia, Chiesa di Santa Maria del Carmelo (“I Carmini”), fianco destro del protiro, sec. XII

Foto: Lorenzo Peter Castelletto, 2016

La costellazione Altair/Lyra, “l’Aquila mentre si leva”

Patera, sec. XII, Venezia, Corte Seconda del Milion, case dei Polo

Foto: Lorenzo Peter Castelletto, 2016

Il Sole/Leone inverte il suo corso, davanti al cardo-asse del mondo (Due leoni incrociati nell’atto di spiccare un salto, con il capo rivolto all’indietro e le code annodate in basso)

Patera, pietra d’Istria, cm. 40

Venezia, Chiesa di San Giacomo dell’Orio

Foto: Paolo della Corte

Grus e Phoenix, due costellazioni del gruppo detto “gli uccelli meridionali”

Frederick De Wit, Planisphærium cœleste, tav., Amsterdam 1680, particolare

Foto: Antonio Abrignani/Shutterstock.com

Altair, “l’Aquila mentre si leva”

Mosaico pavimentale, 1140, Murano, SS. Maria e Donato