Si tratta anche in questo caso di un “tralcio abitato”, con una ritmica rappresentazione di uomini, animali e ibridi che rappresentano costellazioni e momenti della vita celeste. Collocato dov’è attualmente, sopra la scultura gotica del Santo placidamente disteso sopra la sua arca, che dorme in attesa della chiamata divina, evoca uno di quei ciel de lit che abbellivano le alcove medievali. Se non che, lo stile appare diverso e notevolmente più arcaico di tutto ciò che lo circonda, tanto da aver fatto sospettare che si tratti di un’opera più antica, qui riutilizzata, ma precedente all’ultima ricostruzione duecentesca delle facciate di San Marco. Si pensa comunque che possa risalire alla prima metà del secolo XIII.
Ma proprio qui sta il punto. Uno dei tondi incorniciati dai fogliami di questo intradosso presenta l’immagine di due singolari creature: due gemelli siamesi che terminano in un’unica coda di pesce, e sembrano avanzare verso di noi, tenendosi abbracciati in un modo caratteristico, e brandendo ciascuno una sorta di fiore tenuto per un lungo stelo.
Ancora più singolari sono i capelli a treccine, e l’orlo delle orecchie segnato da scarificazioni. Sulla base di considerazioni iconografiche, pensiamo possa trattarsi della possibile rappresentazione di una costellazione, i Gemelli zodiacali, ma con i tratti che vengono dati a questa figura celeste in Asia, dalla Persia all’Indonesia. Alcuni elementi iconografici sembrano puntare perfino più in là, all’orlo del Pacifico, e al folklore della Polinesia. Allora la questione si fa affascinante: chi è, e da dove è venuto, a queste date così precoci, quindi al tempo del padre e dello zio di Marco Polo, o forse anche prima, l’artista che ha lasciato in San Marco questa singolare traccia? Quando incomincia in San Marco l’impiego di artisti asiatici accanto ai grex et sarrazins? Nuove ricerche, e in particolare nuove analisi di questo straordinario Arco di Sant’Isidoro, potranno aiutare a stabilirlo.
Nei manoscritti orientali, invece, i Gemelli sono spesso raffigurati come siamesi, aventi in comune la metà inferiore della figura o anche tutto il busto.
Il Mekong è il dodicesimo tra i fiumi più lunghi del mondo e confina con Laos, Myanmar, Tailandia, Cambogia e Vietnam.
Secondo il mito, ospita anche il misterioso serpente Phaya Naga.
Simile al drago, e collocato in posizione intermedia tra gli dei e gli animali, il Phaya Naga è un mitico serpente che affiora nelle leggende indiane e del sud-est asiatico. E’ raffigurato in molte opere d'arte buddiste e indù, spesso in coppia, come protettore di templi e statue.
E’ caratterizzato da un lungo muso irto di denti, da un unico corno che si protende in avanti, da corte ali e da una lunga coda di serpente o di pesce.
Le figure dei Gemelli nell’arcosolio di Sant’Isidoro sono accompagnate da una coppia di PhayaNaga, ulteriore conferma della loro origine iconografica estremo-orientale.