Fotografie ad alta definizione dei bassorilievi del ‘Ciclo dei Mesi’ (2019): Prof. Matteo Ballarin, Diplomati NTA Alessia Lorenzi, Wilson Ballarin

Distorsioni D-Stretch/ImageJ: Gloria Vallese

Disegni: Diplomata Grafica d’Arte Federica Campanile

Formella ‘Gennaio’, particolare: distorsione dei colori mediante il software d-Stetch per evidenziare i rosoni di forellini che costrituivano gli aggrappi di elementi a rilievo, presumibilmente metallici, raffiguranti le stelle applicate al bassorilievo. Foto: Wilson Ballarin.

Stelle di San Marco: una ricerca agli esordi

La campagna di fotografia ad alta definizione eseguita nel 2019 dal Prof. Matteo Ballarin e allievi ha permesso di mettere in evidenza sul bassorilievo del ‘Ciclo dei Mesi’ i possibili resti di aggrappi metallici (fori, circoli di piccoli punti) che sostenevano (o costituivano i punti di riferimento per) una decorazione di stelle a rilievo, possibilmente eseguita, data la collocazione all’esterno, da applicazioni metalliche, verosimilmente in bronzo dorato.

L’originaria decorazione a stelle si può osservare sulla veste di una statua veneto-bizantina del secolo XIII raffigurante la Vergine orante nella Chiesa di San Giovanni in Bragora; raro esemplare di scultura duecentesca veneziana che, essendo preservato al riparo dalle intemperie, ha conservato intatta la sua policromia.

E’ interessante però osservare che nel ‘Ciclo dei Mesi’ la decorazione a stelle viene applicata non a un soggetto sacro, ma a una descrizione astronomica, pensata con intento che possiamo dire quasi scientifico per il rispetto che dimostra per le dimensioni e la collocazione degli astri in rapporto alla realtà visibile del cielo.

Oltre alle stelle, anche altri dettagli del bassorilievo erano verosimilmente evidenziati mediante applicazioni in metallo (bronzo dorato?): per esempio, nella formella di Ottobre, gli zoccoli equini del Sagittario, e in quella di Novembre la lama del falcetto nella mano di Andromeda, e la banda ondulata che le attraversa il petto.

Lo si deduce dal fatto che in questi punti il bassorilievo si discosta dalla verità anatomica o dalla descrizione oggettiva presentando invece un tratteggio regolare di solchi, che avevano presumibilmente lo scopo di ancorare l’inserto metallico facendolo più saldamente aderire al marmo.

L’uso di inserti metallici era comune nella scultura romana della tarda classicità; per affinità con questa tradizione, possiamo aspettarci la loro presenza nei dettagli di finitura degli oggetti e accessori (diademi, borchie, cinture, archi, frecce, calzari, bandoliere ecc.), che andranno quindi indagati in futuro con particolare attenzione.

Queste tracce si presentano oggi appena leggibili, a causa del dilavamento e corrosione delle superfici dovuta agli agenti atmosferici e all’inquinamento; per vederle più distintamente, si renderà necessaria un’osservazione ravvicinata e sistematica delle supefici, condotta ad altezza d’occhio e con l’ausilio di illuminazioni speciali.

Fino a qualche anno fa, l’unico frammento metallico rimasto al suo posto sembrava essere la piccola stella su un lato del naso di Andromeda; rilevabile nelle foto eseguite negli anni ’80, essa appare oggi degradata e in parte distaccata.

Le tenui tracce degli aggrappi emerse grazie alla fotografia ad alta definizione lasciano comunque comprendere che gli asterischi raffiguranti le stelle erano di dimensioni diverse a seconda della grandezza dell’astro, e avevano una forma non geometrica ma organica, che può evocare la corolla di un fiore, a pochi petali, oppure più ampia e ricca, a seconda delle dimensioni della stella da rappresentare.

Presentiamo qui una piccola scelta di fotografie, trattate in alcuni casi con distorsione del colore effettuata per mezzo del software D-Stretch/Imagej. I tracciati sulle fotografie che presentano le ‘stelle ritrovate’ sono di Federica Campanile.